Luci e ombre sulla vitamina D, quando è da supplementare e quando si paga?


La vitamina D è un composto liposolubile necessario a numerose funzioni biologiche, prima fra tutte l'omeostasi del calcio/fosfato/magnesio (ne aumenta l’assorbimento intestinale e il riassorbimento dal tubulo renale), il rimodellamento osseo, la crescita cellulare, la riduzione dell'infiammazione.

Nell'uomo, i composti più importanti di questo gruppo sono la vitamina D3 (o colecalciferolo, sintetizzata nella cute dell’uomo grazie all’esposizione agli UVB solari) e la vitamina D2 (o ergocalciferolo, assumibile con la dieta, es. pesce, tuorlo d’uovo) trasformati dal fegato in calcifediolo (25OHvitD) e successivamente dal rene in calcitriolo (1,25OH, forma ormonale attiva). Questi ultimi due metaboliti sono dosabili nel sangue.


L'effetto della supplementazione di vitamina D sulla mortalità non è ancora del tutto chiaro e una metanalisi uscita su Lancet nel 2013 ha evidenziato inoltre come la supplementazione di vitamina D non riduce gli endpoint di infarto miocardico, ictus o malattia cerebrovascolare, cancro, fratture ossee o artrosi del ginocchio, a differenza di quanto affermato da numerosi studi osservazionali effettuati in precedenza. La spiegazione è probabilmente che la diminuzione della vitamina D sia un marker di malattia e non la causa. E’ anche vero che il deficit di vitamina D è talmente diffuso nella popolazione generale che sembra una conclusione troppo semplice, motivo per cui la tendenza dei clinici è quella di trattare le carenze.

Le U.S. Preventive Services Task Force (Jama 2021) hanno invece valutato 46 studi per un totale di oltre 16.000 persone arruolate ove non sono emerse evidenze indirette dallo screening del deficit di vitamina D in persone non istituzionalizzate in buone condizioni di salute. Le categorie di pazienti che dovrebbero invece essere sottoposti a screening per carenza di vitamina D (25OHvitD) sono quelle con:
_ Osteomalacia
_ Osteoporosi (in particolare se devono essere usati farmaci)
_ Anziani con storia di cadute
_ Donne in gravidanza e in allattamento
_ Bambini e adulti obesi
_ Persone non esposte ad una sufficiente esposizione al sole
_ Sindromi da malassorbimento (congenite o acquisite) e chirurgia bariatrica
_ Malattia renale cronica
_ Insufficienza epatica
_ Fibrosi cistica
_ Iperparatiroidismo
_ Farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D (farmaci antiepilettici, glucocorticoidi, AIDS, farmaci, anti-funghi, colestiramina)
_ Malattie granulomatose e alcuni linfomi (in questi casi, anche 1,25 (OH) 2D dovrebbero essere testati)

La determinazione D 1,25 (OH) può essere utile invece in alcune condizioni cliniche particolari:
_ Quando una calcemia elevata è associata a un basso livello di PTH, come nelle malattie
Granulomatose (tubercolosi, sarcoidosi) e in alcuni linfomi.
_ In alcuni pazienti con malattia renale allo stadio terminale.
_ In disturbi ereditari o acquisiti del metabolismo della vitamina D e del fosfato.

Attualmente, vi è consenso sul fatto che i livelli di 25 (OH) D inferiori a 20 ng / mL (50 nmol / L) sono associati negli adulti con:
- Iperparatiroidismo secondario, osteomalacia o osteoporosi;
- Debolezza muscolo prossimale degli arti, atassia e aumento del rischio di cadute;
- Aumento del rischio di fratture;
- Effetto ostacolato dei farmaci usati per l'osteoporosi

I dati della letteratura sono quindi univoci per l'indicazione al trattamento con vitamina D in tutti i soggetti con livelli sierici di 25(OH)D <20 ng/mL (50 nmol / L) ma sono controversi per valori tra 20 e 30 ng / mL (50 e 75 nmol / L).
Quindi, quando i valori di 25 (OH) D sono compresi tra 20 e 30 ng / mL (50 e 75 nmol / L), in particolare se misurati in estate / autunno, la misurazione del PTH sierico può essere utilizzato per la conferma di una reale carenza di vitamina D.

La carenza subclinica di vitamina D è una condizione molto diffusa nella popolazione generale e, negli ultimi anni, un numero crescente di soggetti viene screeniato e trattato, ingiustamente, con diverse formulazioni di vitamina D, aumentando così i costi legati ai dosaggi e ai preparati di vitamina D.
Per tutti questi motivi è nata in Italia la nota 96, che limita la rimborsabilità a carico del SSN dei preparati di vitamina D secondo criteri precisi negli adulti>18 anni, in particolare:

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- Indipendentemente dalla determinazione della 25(OH)D
o Persone istituzionalizzate
o Persone allettate a domicilio o con gravi deficit motori
o Donne in gravidanza o in allattamento
o Persone affette da osteoporosi da qualsiasi causa o osteopatie accertate non candidate a terapia remineralizzante (vedi Nota 79)

- Previa determinazione della 25(OH)D SOLO se i livelli sierici di 25(OH)D sono <12,5ng/mL (eccetto patologie ossee riconosciute)
o Persone con o senza sintomi attribuibili a ipovitaminosi (astenia, mialgie, dolori diffusi o localizzati, frequenti cadute immotivate)

- Previa determinazione della 25(OH)D SOLO se i livelli sierici di 25(OH)D sono <20ng/mL (eccetto patologie ossee riconosciute)
o Una terapia di lunga durata con farmaci interferenti col metabolismo della vitamina D (es. antiepilettici, steroidi, antiretrovirali, colestiramina, antimicotici, etc)
o Malattie che possono causare malassorbimento nell’adulto (es. fibroci cistica, celiachia, M. Crohn, chirurgia bariatrica, etc)

- Previa determinazione della 25(OH)D SOLO se i livelli sierici di 25(OH)D sono <30ng/mL (eccetto patologie ossee riconosciute)
o Persone con diagnosi di iperparatiroidismo secondario a ipovitaminosi D
o Persone affette da osteoporosi di qualsiasi causa o osteopatie accertate candidate a terapia remineralizzante per le quali la correzione dell’ipovitaminosi dovrebbe essere propedeutica all’inizio della terapia
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In tutti gli altri casi, la supplementazione con vitamina D non può essere concessa mediante SSN ma rimane a carico del paziente, lo stesso dicasi una volta corretta la carenza nelle persone senza patologie ossee riconosciute (ovvero dopo che al controllo ematico la vitamina D ha superato i valori di 20ng/mL).

Il vostro medico
Dott M. Cringoli

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