Questo post riguarda quella percentuale di pazienti che dopo un’infezione acuta da Covid19 non torna al pieno recupero dello stato di salute ma continua a manifestare sintomi molto variegati nonostante la guarigione virologica.
Si parla infatti di “sindrome post-COVID” per indicare, secondo le linee guida NICE (1), quell’insieme di sintomi e segni che compaiono durante o dopo la fase acuta e persistono oltre le 4 settimane dall’esordio dei sintomi, non essendo attribuibili ad altre patologie. Altri autori (2) distinguono tra:
· LONG COVID (dalle 5 alle 12 settimane)
· PERSISTENT LONG COVID (oltre le 24 settimane) – soprattutto sintomi inerenti la sfera psichico-cognitiva.
La maggior parte degli studi pubblicati fino ad oggi sul post-COVID ha rilevato che il 50-70% dei pazienti ospedalizzati presenta diversi sintomi fino a 3 mesi dopo la dimissione ospedaliera. Gli studi su pazienti non ricoverati pazienti sono invece scarsi e rivelano che il 50-75% è privo di sintomi un mese dopo insorgenza dei sintomi. Ci si aspetterebbe che i sintomi post-COVID siano diversi tra pazienti ricoverati e non ricoverati, ma questa ipotesi deve essere confermata in studi futuri (3).
I sintomi della sindrome post-COVID possono essere molto vari. I più frequenti includono stanchezza fisica, mancanza di respiro, dolore toracico e tosse. Possono esservi anche sintomi psichici (ansia, insonnia, depressione) e cognitivi (soprattutto deficit mnesici).
Le cause del long COVID non sono ancora state chiarite. Le ipotesi più accreditate sono: viremia persistente dovuta a una debole o assente risposta anticorpale; recidiva/reinfezione; reazione infiammatoria e/o immunologica; decondizionamento fisico; fattori psichici, quali la sindrome post-traumatica da stress (4)
I sintomi non sembrano peggiorare dopo la vaccinazione in individui con sintomi persistenti, sebbene i dati siano limitati in questa popolazione.
La valutazione del paziente post-COVID da parte del medico è di tipo multidimensionale e più spesso olistico. La necessità di test di laboratorio o radiologiche è determinata dalla gravità della malattia, percentuale di infiltrazione parenchimale, da eventuali precedenti test anormali durante la malattia e dai sintomi presenti. Non devono essere sottoposti a test di routine tutti i pazienti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 al momento della valutazione ambulatoriale o telefonica di follow-up.
Nelle settimane dopo la fase acuta è ritenuto invece importante per tutti i pazienti proseguire un auto-monitoraggio sintomatologico per poter intercettare prontamente la presenza di sintomi quali tosse, dolore toracico, mancanza di respiro, palpitazioni, perdita di coscienza, ipotensione ortostatica – tachicardia (POTS)) da sottoporre all’attenzione del medico.
Nella valutazione dei sintomi respiratori post-COVID, in particolare modo del respiro corto, un ruolo sempre rilevante è svolto dal saturimetro, che permette di misurare la saturazione emoglobinica, oltre alla frequenza cardiaca. Un valore di saturazione superiore o uguale a 96% a riposo e in assenza di desaturazione, dopo l’esecuzione di un test di tolleranza allo sforzo adeguato alle possibilità fisiche del paziente (test del cammino di 6 minuti oppure il sit-to-stand - il paziente deve sedersi e a rialzarsi il più velocemente possibile da una sedia per un minuto), è comunque rassicurante.
E’ inoltre importante, specie nei pazienti più anziani, intercettare un eventuale peggioramento del deterioramento cognitivo (Montreal Cognitive Assessment (MoCA).
Dal punto di vista del trattamento è bene tener presente che non ci sono dati che dimostrino un beneficio derivante dall’utilizzo routinario di supplementi vitaminici o integratori.
E’ invece raccomandato proseguire dei corretti stili di vita: astensione dal fumo e dall’alcol, uso limitato di caffeina, riposo notturno adeguato, graduale ripresa dell’attività fisica. L’attuale assenza di studi a lungo termine e di solide evidenze condiziona un atteggiamento empirico prevalentemente sintomatico.
Sembra che la tosse persistente e la dispnea possano essere controllate con dei semplici esercizi respiratori (vedi figura sottostante).
Nei casi in cui vi siano esiti polmonari significativi può essere necessario ricorrere a delle strutture riabilitative; nella maggioranza dei casi è sufficiente un graduale ricondizionamento fisico.
Nei pazienti che sviluppano fatica cronica, nei quali il ruolo dell’esercizio fisico è più controverso, l’attività fisica deve essere proposta gradualmente e sospesa non appena si accusi febbre, dispnea, fatica severa e dolori muscolari.
I sintomi riguardanti la sfera psichica, come l’insonnia, l’ansia e lo stress, seppur frequenti, spesso non richiedono un trattamento specifico. Una minoranza di pazienti, che sviluppa un disturbo post-traumatico da stress, richiede invece di essere indirizzata ai servizi di salute mentale.
Si ricorda che il COVID-19 ha un grande impatto psicologico e sulla qualità della vita; dall’ansia di poter essere ospedalizzati e di conseguenza privati del supporto dei propri familiari, alla paura delle complicanze, all’impatto sulle attività lavorative o scolastiche; allo stigma sociale percepito nel momento dell’isolamento fiduciario, all’eccesso di informazioni incontrollate (infodemia), che spesso porta a mettere in discussione l’autorevolezza degli esperti e dei medici stessi.
Dott, M. Cringoli
Bibliografia
(1) National Institute for Health and Care Excellence (NICE). COVID-19 rapid guideline: managing the long-term effects of COVID[1]19. NICE 2020. https://www.nice.org.uk/ guidance/ng188
(2) Fernández-de-las-Peñas, C.; Palacios-Ceña, D.; Gómez-Mayordomo, V.; Cuadrado, M.L.; Florencio, L.L. Defining Post-COVID Symptoms (Post-Acute COVID, Long COVID, Persistent Post-COVID): An Integrative Classification. Int. J. Environ. Res. Public Health 2021, 18, 2621
(3) https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/hcp/clinical-care/post-covid-management.html
(4) BMJ: first published as 10.1136/bmj.n1648 on 26 July 2021.